IL SISTEMA QUALITA'
DEL GRUPPO SAFILO

Raffaella Faleschini

Vi proponiamo un estratto della tesi di Raffaella Faleschini dal titolo: "Il Sistema Qualità nel Gruppo Safilo". Il lavoro può essere acquistato su Tesionline.

occhiali

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Il concetto di qualità ha subito nel corso del tempo diverse rivisitazioni, ma è indubbio che la qualità, variamente intesa come rispondenza ad alcuni parametri di conformità, idoneità all’uso, o, soddisfazione dell’utilizzatore, abbia sempre rappresentato una variabile di rilievo nell’evoluzione del rapporto dell’uomo con le risorse disponibili nell’ambiente.

L’evoluzione nell’approccio ha attraversato una serie continua di innovazioni e affinamenti, sostanzialmente riconducibili ad un crescente grado di pervasività nelle funzioni e nei processi d’impresa, e di conseguenza nell’ambito delle discipline manageriali. L’affermazione dell’impresa industriale, l’aumento di relazioni tra soggetti coinvolti nella realizzazione di un determinato output, l’introduzione di macchine e sistemi informativi sempre più complessi, hanno gradualmente riallineato la variabile qualità dal soggetto-lavoratore, al sistema-impresa, fino al complesso sistema di relazioni al suo esterno.

In generale la qualità può essere considerata come una modalità di governo e coordinamento delle tradizionali variabili organizzative: struttura, meccanismi operativi e cultura organizzativa.
La gestione del Sistema Qualità non può avvenire per via gerarchica ma per linee orizzontali, dove si presuppone la moltiplicazione e il miglioramento della comunicazione organizzativa che può realizzarsi attraverso relazioni interpersonali, condivisione di contesti, di esperienze e di linguaggi. La qualità, intesa dunque, sempre più come strumento per migliorare le relazioni all’interno della struttura organizzativa, e all’esterno, con fornitori e clienti, si sta sempre più trasformando in una leva strategica da utilizzare per incrementare il proprio vantaggio competitivo.

Nel presente lavoro vogliamo analizzare, in particolare, gli impatti che l’adozione del Sistema Qualità ha comportato all’interno della Safilo Group sugli assetti organizzativi e sulle variabili gestionali e relazionali.

Il Gruppo Safilo, leader mondiale nel settore dell’occhialeria da vista, da sole e per lo sport, conta sette stabilimenti produttivi (di cui uno in Austria e uno in Slovenia) ed è presente in oltre cento paesi nel mondo dove commercializza i prodotti attraverso proprie filiali e distributori esclusivi. L’analisi svolta è stata supportata da una verifica empirica realizzata mediante lo svolgimento di uno stage della durata di tre mesi presso lo Stabilimento di Martignacco durante la fase di implementazione del Sistema Qualità Aziendale. Questo mi ha permesso di seguire da vicino l’iter che un’azienda deve svolgere per dotarsi di un Sistema Qualità: dalla stesura delle procedure richieste dalla normativa, alla loro implementazione all’interno dell’intera struttura organizzativa fino alla verifica dei risultati ottenuti.

In particolare, affiancata dal Responsabile Assicurazione Qualità di Stabilimento, mi sono occupata della stesura della procedura relativa all’Addestramento del Personale. Inoltre, interagendo con Responsabile della Produzione, Responsabili di Area e Capi Reparto, ho redatto le Istruzioni Operative, relative al piano di formazione degli Attrezzisti e dei Certificatori Finali, suddivise per reparto produttivo ed inserite in appendice.

Assieme al Responsabile Assicurazione Qualità di Stabilimento e di Prodotto ho svolto anche delle verifiche ispettive interne per monitorare l’implementazione del Sistema Qualità nei reparti produttivi.

Durante il periodo di stage, è stato poi creato un questionario per la valutazione delle capacità (inserito in appendice) con il quale, insieme al Responsabile della Produzione e al Responsabile di Area, abbiamo valutato tra diversi candidati, quello che rispondeva meglio ai requisiti richiesti, in termini di abilità, competenze tecniche e capacità manageriali, per diventare Capo Reparto.

L’esperienza dello stage mi ha permesso di confrontare la situazione precedente all’implementazione del Sistema Qualità con quella successiva, passando per le fasi necessarie per l’ottenimento della Certificazione. Terminato lo stage ho poi effettuato delle visite periodiche allo Stabilimento per seguire l’evoluzione dell’implementazione e i risultati ad essa associati.

Il presente lavoro deriva dunque dall’analisi sul campo, associata ad interviste ai diversi Capi Reparto, ai Responsabili di Area, al Responsabile della Produzione nonché a tutto lo “staff” dell’Assicurazione Qualità di Stabilimento e Qualità del Prodotto. Per contestualizzare l’Azienda, ho ritenuto opportuno svolgere un’analisi relativa al Distretto degli occhiali, alla sua evoluzione, alle problematiche e prospettive future di quest’ultimo; tutto questo mediante incontri ed interviste all’Associazione degli Industriali della Provincia di Belluno, al Vice Presidente della SIPAO di Tai di Cadore, il Signor Antonio Zandegiacomo C., alla dottoressa Elena Zambelli della Camera di Commercio di Belluno e alla Signora Lucia Tonini di Certottica con sede a Longarone.

Dalle verifiche empiriche e da tutti questi contributi deriva il seguente lavoro che è strutturato in otto capitoli. Nel primo capitolo si analizza l’evoluzione della qualità, passando dai concetti tipici della qualità mercantile, a quella fordista e post-fordista; si presenta poi una nuova visione del miglioramento continuo basata sull’approccio “esplorare ed imparare” fino a giungere ad una visione integrata dell’organizzazione.

Nel secondo capitolo, dopo aver presentato la catena del valore e le funzioni di gestione dell’impresa in un contesto di qualità, si focalizza l’attenzione sulla Risorsa Umana, in particolar modo sull’importanza dei valori condivisi, sul concetto di apprendimento organizzativo e di gestione della conoscenza in un’ottica di qualità, sull’importanza della dinamica di gruppo e sui postulati tipici dell’empowerment correlati ai Sistemi Qualità Aziendale.

Nel terzo capitolo si analizza il ruolo della qualità nell’evoluzione dei rapporti di fornitura e l’impatto di quest’ultima sui costi di produzione e costi di transazione. Viene poi, nel quarto capitolo, presentata la realtà del Distretto degli occhiali confrontandola anche con altre realtà produttive del Nord-Ovest. Vengono fatte quindi delle considerazioni in riferimento alla situazione attuale, presentate inoltre le problematiche e gli interventi possibili per un rilancio dell’intero Distretto. Particolare attenzione è stata rivolta agli influssi che la qualità può avere sui principali meccanismi di coordinamento all’interno del Distretto e l’andamento dei costi di fornitura per le aziende del Distretto certificate, in relazione anche al diverso grado di internazionalizzazione.

Nei capitoli cinque, sei e sette viene presentato il Gruppo Safilo (storia aziendale, localizzazione stabilimenti, ciclo di vita del prodotto, rapporto con il mercato, barriere all’entrata, competitors, ecc.), in seguito, poi, l’attenzione si sposta sullo Stabilimento di Martignacco.

In questi capitoli sono stati analizzati gli impatti, che l’implementazione del Sistema Qualità Aziendale ha avuto sugli assetti organizzativi, sui processi di acquisizione, formazione, addestramento e valutazione della Risorsa Umana e sulle relazioni di fornitura. Sono stati evidenziati i cambiamenti indotti dalle pratiche della qualità sulle variabili organizzative, gestionali e relazionali.

Nel capitolo ottavo si presentano le considerazioni relative a tutta la nostra analisi ponendo l’attenzione sull’importanza di un collegamento tra qualità e assetti organizzativi. Infatti non è la qualità in sé che genera dei miglioramenti, ma è la combinazione dinamica qualità/assetto organizzativo che stimola il processo di arricchimento delle risorse dell’impresa.

Vengono poi presentati in appendice i lavori svolti durante il periodo di stage.

Un ringraziamento particolare va alla Professoressa Cristiana Compagno per la collaborazione e l’aiuto prestato nella realizzazione di questo lavoro.

Ringrazio il Responsabile Assicurazione Qualità dello Stabilimento di Martignacco, Cristian Cavallo, il Responsabile Assicurazione Qualità di Prodotto, Ermanno Bonamini e lo staff Assicurazione Qualità, Katia Vuerich e Romina Calligaro, che mi hanno consentito, durante il periodo di stage, di fare un’esperienza lavorativa e di raccogliere il materiale necessario per svolgere l’analisi presentata in questo lavoro. Inoltre, sono stati disponibili, anche dopo l’implementazione del Sistema Qualità, affinché verificassi i risultati raggiunti. Inoltre ringrazio il Vice Presidente della SIPAO di Tai di Cadore, Signor Antonio Zandegiacomo C., la dottoressa Elena Zambelli della Camera di Commercio di Belluno e la signora Lucia Tonini di Certottica per la collaborazione ed il materiale fornitomi.

Dalla Qualità mercantile alla Qualità fordista

Nel primo secolo dopo la rivoluzione industriale la divisione del lavoro cognitivo è realizzata attraverso un processo di specializzazione che separa la produzione di beni strumentali (macchine, materiali, componenti) dalla loro utilizzazione per produrre i prodotti finiti. Gli specialisti che producono beni strumentali riforniscono di macchine, di materiali, gli specialisti che producono beni di consumo.

L'interdipendenza che nasce da questo modo di organizzare la divisione del lavoro è affidata allo scambio di prodotti sul mercato (tra imprese indipendenti): è questo ciò che A. Smith descrive agli albori della scienza economica. Per governare efficacemente quest'interdipendenza ciò che occorre è una garanzia della qualità dei mercati, che riguarda:

  • la qualità dei beni scambiati, dal punto di vista degli standard merceologici;
  • la qualità delle transazioni, dal punto di vista concorrenziale

La definizione di qualità mercantile è un problema fondamentale nel capitalismo industriale dell'Ottocento, infatti, garantire efficienza al meccanismo degli scambi significa ampliare la divisione del lavoro e realizzare economie di replicazione. In particolare l'economia politica, con la centralità data al mercato e al concetto di "concorrenza perfetta" assume la qualità mercantile come oggetto primario delle sue riflessioni. Inoltre si sviluppa, in parallelo, il libero scambio a livello politico (unificazione degli Stati nazionali e conseguente riduzione dei dazi nel commercio internazionale); si organizza la logistica dei trasporti, del commercio e delle comunicazioni; si forma una cultura mercantile, necessaria per rendere "trasparenti" i mercati.

Un buon livello di qualità mercantile costituisce la condizione necessaria perché un'impresa possa affidarsi al mercato per una parte consistente dei propri processi di apprendimento. La scelta tra produrre in proprio o comprare dall'esterno (make or buy) dipende, infatti, dalla qualità del mercato disponibile per le diverse merci e conoscenze. Dove l'evoluzione industriale ha messo a disposizione mercati ampi e stabili, le convenienze giocano a favore della specializzazione e dunque dell'acquisto dall'esterno; laddove i mercati sono ristretti o fluttuanti, sarà più conveniente scegliere il make.

Lo sviluppo di una migliore qualità mercantile costituisce un elemento essenziale di progresso nella produttività e nell'apprendimento. Due sono le direzioni possibili:

  • fissare e garantire certi standard merceologici, definiti a livello di settore e possibilmente validi a scala internazionale;
  • fissare e garantire certi standard competitivi, attraverso una legislazione di tutela della concorrenza e la progressiva apertura dei mercati internazionali

Una parte notevole della dottrina economica rimane legata a questo concetto mercantile di qualità e di divisione del lavoro anche dopo che, nel nostro secolo, si avviavano le metodologie della produzione di massa, che imponevano un altro tipo di qualità e di divisione del lavoro.

L'intuizione fondamentale della produzione di massa è di tipo scompositivo: la complessità di un prodotto può essere affrontata industrialmente se viene scomposta in elementi semplici.

L'idea dalla scomposizione del prodotto in parti semplici (parcellizzazione) permette di superare questa barriera tra i prodotti di consumo e il modo industriale di produzione.

Decisiva in questa fase è la capacità di governare in modo efficace il gran numero di operazioni interdipendenti che devono confluire, in tempi e modi determinati, verso il prodotto finito. La soluzione che Ford e Taylor elaborano per la gestione di questa forma di interdipendenza è quella della progettazione e programmazione centralizzata delle singole operazioni, secondo sequenze prestabilite, spesso materializzate in una linea mobile di produzione (catena). L'enorme complessità viene così ridotta ad una situazione di dipendenza di ciascun punto della linea dal centro, che disegna e governa le relazioni tra i singoli punti; ciascuna operazione s'integra con le altre senza tempi morti e senza attriti.

Questo modo di governare l'interdipendenza che nasce dalla parcellizzazione fordista non può però essere affidato alle relazioni di mercato dove le parti restano autonome e dove non c'è nessun centro che decide il progetto. La qualità mercantile non è più sufficiente a reggere la nuova complessità affrontata dalla produzione di massa.

La divisione del lavoro, appoggiata ad un'autorità in grado di fissare un progetto e un programma valido per tutti gli specialisti elementari, non può avvenire all'interno della stessa impresa. La grande impresa fordista che organizza molti lavoratori dipendenti deve disporre di un concetto di qualità che permetta di garantire la corrispondenza dei singoli punti del ciclo al progetto e al programma stabilito centralmente.

La qualità fordista deve quindi garantire:

  • l'intercambiabilità dei pezzi e dei lavori, in modo da autonomizzare ogni fase elementare;
  • la corrispondenza delle lavorazioni e dei lavori a standard definiti centralmente ed ex ante

La grande "invenzione" tecnico-produttiva di Ford consiste nella definizione di metodi e tecniche di lavorazione che rendono possibile l'intercambiabilità dei pezzi: ossia la corrispondenza di ogni pezzo ad uno standard. Lo stesso vale per Taylor: l'organizzazione scientifica del lavoro realizza l'intercambiabilità tra lavori, o meglio, tra lavoratori. Essa si basa sulla definizione di standard astratti di lavoro (tempi e metodi) a cui devono adeguarsi le operazioni lavorative concretamente eseguite. La divisione verticale del lavoro nella fabbrica taylorista si realizza a tre grandi livelli.

A livello operativo vi è l'esecuzione materiale del lavoro e la specializzazione è massima sia in senso orizzontale che verticale.
A livello intermedio vi è l'analisi dettagliata delle procedure lavorative e la continua ricerca dei miglioramenti di efficienza (tempi e metodi, programmazione, manutenzione, collaudi, ecc.). Nella visione tayloristica anche per i livelli direttivi la specializzazione è alta.
Al terzo livello, infine, i massimi organi direttivi hanno compiti di tipo strategico ed intervengono solo per eccezioni sul funzionamento operativo dell'impresa. La dimensione orizzontale presenta criteri di specializzazione per tecniche e per fasi produttive, la parcellizzazione si porta fino alla definizione di compiti elementari non ulteriormente scomponibili dati i vincoli tecnologici (Compagno, 1999). Il processo di parcellizzazione, su cui si fonda dunque la possibilità di meccanizzare produzioni complesse, passa attraverso una "rivoluzione" della qualità in particolare:

  • si definisce uno standard astratto di qualità per ciascuna operazione elementare. Lo studio "scientifico" delle lavorazioni meccaniche e del lavoro permette di identificare il modo ottimale (the one best way) di realizzare ciascuna operazione elementare, premiando in questo modo la semplificazione;
  • le operazioni complesse possono essere costruite integrando in diverse combinazioni le operazioni, i lavori, le macchine elementari, rendendo in questo modo facile ed automatico il coordinamento tra le operazioni parcellizzate. L'efficacia dei sistemi che integrano in modi determinati le parti è proporzionale al rispetto degli standard di qualità astrattamente determinati, che rendono possibile passare, nella progettazione e nel controllo delle operazioni, dal livello elementare a quello aggregato senza alcuna perdita di informazione

La qualità "garantita" dalla intercambiabilità dei pezzi e dallo studio scientifico del lavoro è dunque un modo di governare, nella fabbrica fordista, la grande interdipendenza che si viene a creare per effetto della divisione del lavoro tra tante operazioni specializzate, parcellizzate. Ciascun lavoratore, ciascuna macchina deve avere la "garanzia" che pezzi ricevuti dalle lavorazioni a monte sono conformi agli standard predefiniti.
In mancanza di questa garanzia, l'elevata interdipendenza produrrebbe problemi di compatibilità enormi e un coordinamento lento e difficile. La "linea" fordista può scorrere da monte a valle senza interruzioni perché la qualità è predefinita senza incertezze e varianze. Alla fine del processo, si potrà porre un apposito check col compito di rilevare se si sia commesso qualche errore in questa catena automatica di affidamenti.

Il problema dell'interdipendenza sociale che nasce dalla parcellizzazione può essere quindi ridotto ad un problema di rispetto di certi standard di qualità: qualcuno definisce in anticipo gli standard a cui tutti devono conformarsi. La definizione degli standard e la garanzia del loro rispetto è fondamentale in quanto dal centro il prodotto e il processo vengono smontati e rimontati; il meccanismo è rigido, ma offre una soluzione poco costosa del problema dell'interdipendenza. La produzione di massa, dunque, nasce da un suo concetto di qualità che in mancanza di standard di qualità ben definiti sarebbe stata impossibile, infatti, questi ultimi rendono possibile la divisione del lavoro che favorisce la meccanizzazione e la scientificazione delle operazioni lavorative.

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Il tipo di standard di qualità richiesti dipende dal tipo di interdipendenza da gestire e dalle tecniche disponibili per farlo:

  • nella produzione di massa si badava a rendere possibile la divisione del lavoro all'interno della grande fabbrica fordista, ricorrendo a macchine semplici e a lavoratori poco qualificati;
  • oggi la divisione del lavoro non si rivolge tanto all'interno, quanto all'esterno, coinvolgendo una serie di fornitori esterni ed anche l'utilizzatore finale, quindi lo standard deve essere adatto a creare interdipendenza tra tutti gli anelli della catena del valore. Inoltre la divisione del lavoro utilizza macchine polivalenti, che possono gestire autonomamente una certa varianza di processi, prodotti e relazioni. I lavoratori non apportano più alla produzione solo un contributo materiale (lavoro manuale) ma anche un contributo intellettuale, consistente nella produzione di conoscenze e nel governo della complessità (varietà-variabilità) attraverso le conoscenze. Anche in fabbrica gli operai svolgono compiti di programmazione e controllo delle macchine. E' quindi assurdo pensare di "centralizzare" le conoscenze di cui dispongono i lavoratori in linea per assegnare la progettazione del lavoro ad uffici centrali che sono lontani dall'operatività

(Fonte: Tesionline)

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